21 Giu Salo’ e il Foscolo poeta
C’era uno ar bare,
Lo chiamavin “Salo’”
Ch’ era un popo’ curioso
Ni sembrava di vede’ le cose
Ma se le sentiva lu’, forse;
–
Lo chiamavino così
Perché era un popo’ di destra,
E pogo in tutto era durato
Come vella repubblica.
–
La licensa media
in San Ponziano
L’aveva presa
A coppie d’ova
–
E aveva preso
Ancho tanti nocchini
Lu’ che veniva dalla ‘ampagna
Tra figlioli di senatori e architetti.
–
Voglia di lavora’ po’
Sartini addosso
Perché ‘un durava
A fa’ guasi nulla.
–
Po’ si vestiva
Colla stessa roba
Degli anni ‘70
Che erano stati
I su’ tempi gloriosi.
–
Sicche’ ch’aveva i pantaloni
Bianchi a piede a elefante
Tutti strinti sulle coscie
E sul culo,
E li stivali col tacchetto
E la cerniéra drento.
–
Con la maglia a Serafino
sembrava guasi uno del clan di Celentano e al petto un crocifisso grosso con una bella ‘atena.
–
I capelli, tutti incotonati
Indava a sistemalli
Fatti a nidio di chiuino
Da una parrucchiera a Santa Maria
–
Quando indava fori, al bare,
Per fumare le su’ Alfaboxe,
Si metteva a gambe larghe
Inpiedi a culo infori
–
E canticchiava
Il su ritornello
Che faceva
“La, la, laaa…la, la, laaaa”
–
Che poi tradotto
Nella musica del frauto
Sarébbe:
“Mi, sol, laaa… mi, re, Doooo ( greve)”.
–
Insomma tutte le settimane
Ne inventava una delle sue
Ma roba artistica, guarda!
Che un sapevi se ride o fanni l’applausi:
–
Quando aveva trovo
Una serpe d’un quintale
Ma po’ n’era scappata
‘Un si sa come
–
Quando un fantasma
A una finestra
Mentre era a piscia’
Contro un muro.
–
Quando varche donna
Che l’aveva chiamo in casa
A fanni vede’ un lavoro
Che poi era sempre roba da tromba’.
–
Ma tutte istorie
Fatte a arte
Con i parti’olari dettagliatti
E con innomi!
–
Vesta vorta aveva rinvensuto
Un libbro del su’ tartaranonno
Che drento c’era un follio;
Ma robba pressiosa, veh!
–
Di valore perché l’avivan nascosto
Diettro a un cassettto
In una cantora di noce,
O di faggio ( ‘un lo sapeva )
–
La casa era del su’ sio
La doveva vende
Per paga’ r geometra
Che n’avanzava.
–
E lu’ indava a dì
Che era del Foscolo
A quelli del bare
Che sapevin assai chi fusse.
–
E se l’avessin ancho saputo
Sai quanto ni fregava
Del Foscolo poeta
Con tutti i su probblemi quottidiani!
–
Ci provó per tre sere
Ma la gente gioava a carte
E ch’aveva le su’ seghe
E ‘un lo ca’ava.
–
Chie il pallone o i cavalli
Chie la Coffe o la manifattura
Chie la moglie o la su’ socera
Chie i fungi o d’anda’ a pesca’.
–
Alla fine, sai che fece?
Lo portiede in banca
In una cassetta di si’uressa
Chiusacchiave.
–
Disse ch’era un lascito
Per e su’ figlioli quand’erin grandi.
Ma poi ‘un si sposó mi’a
E ancho figlioli ‘un ne risultano.
Libro ai piedi v’èro
il primo giorno stanco
altrui cadaveri contando
in centro tutt’or misèro.
–
Deserta Lutecia Pari
a sepolcro Lasciai
sorda la piazza fascia
degli ori strani.
–
Sott’i poggi cane trascina
un fumo delle piogge prima
di bianco capillar vie bagna;
–
Il Bastardo al posto lagna:
Bosogna sì tra este mura
trovar locand’ et apertura
–
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