20 Mag La fattoria di Camporomano
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Decidere cosa pubblicare sul paese di Stiava non è stata cosa semplice in quanto questo paese ricco di storia, esisteva già prima dell’anno Mille.
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Devo ringraziare Francesca Martinelli che, essendo una delle memorie storiche del paese, mi ha messo a disposizione moltissimo materiale e mi ha fornito importanti notizie sulla storia di questo ridente borgo dell’entroterra versiliano.
F.G.
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Qualche secolo fa anche a Stiava, come per la maggior parte delle aree agricole della zona, i terreni erano di proprietà delle famiglie nobili od altolocate ed agli inizi del Novecento si potevano individuare due grosse realtà: la tenuta della famiglia Toscano, ex tenuta Borbone Parma e, nella parte alta del paese andando verso Lucca, la fattoria di Camporomano dei marchesi Garzoni che, già proprietari della villa di Collodi con il suo storico giardino, la possedevano fin dall’inizio dell’Ottocento.
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Vorrei iniziare con alcuni brevi cenni storici a proposito di Camporomano:
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l’origine del nome è dovuta sicuramente al fatto che, nel luogo dove oggi si trova la Fattoria, si era sviluppato un presidio dell’esercito romano, sorto lì perché da quella posizione si potevano controllare i movimenti delle imbarcazioni e di tutti coloro che intendevano spingersi fino alla città di Sclava, oggi Stiava, che all’epoca si trovava sulle rive della laguna che comprendeva l’attuale lago di Massaciuccoli, i laghi costieri ancora oggi presenti ad Est di Viareggio e diversi canali di collegamento al mare, fra i quali anche quello che oggi chiamiamo Burlamacca, che si spingeva fino a Montramito.
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Si comprende quindi l’importanza di una postazione da dove poter controllare l’accesso alla città di Sclava dove si teneva il mercato degli schiavi, alimentato dai prigionieri delle popolazioni nemiche, travolte e sconfitte dalle attività di espansione e conquista dell’esercito romano.
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Nel fondo del laghetto di Montramito, che si è mantenuto così com’è per la presenza di una importantissima sorgente di acqua dolce, pare si trovi un molo romano con ancora infissi gli anelli ai quali venivano ormeggiate le imbarcazioni, il che significa che l’attuale piano di campagna si trova oggi ben al di sopra di quello che era al tempo dei Romani e che l’attuale assetto dei luoghi sia il risultato di oltre duemila anni di insabbiamento dovuto all’azione dei corsi d’acqua che scendono dalle montagne retrostanti e dall’accumulo dei residui della vegetazione che cresceva nella laguna, che ha dato origine alla torba nera che caratterizza tutti i campi fra il lago di Massaciuccoli, il fossoPioppo Gatto e Viareggio.
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Si deve poi al Console Marco Emilio Scauro la costruzione della via consolare Emilia Scauri che congiungeva Pisa alla città di Luni; questa prendeva il nome dal Console che nel 109 a.C. dette inizio ai lavori della strada che attraversa il comune di Massarosa per circa venti chilometri. Infatti il viaggio da Roma per la Liguria, tramite la via Aurelia che terminava a Pisa, era ostacolato dalle ampie e malsane paludi formate dalla foce dei fiumi Arno, Serchio e Magra, conosciute con il nome di Fossae Papirianae, per cui il percorso da Pisa alla base-colonia di Luni doveva essere coperto via mare con le modalità del “piccolo cabotaggio”, ossia lungo la costa, in maniera che i viaggiatori potessero eventualmente ripararsi negli approdi visibili e ritenuti sicuri, in quanto gli Apuani (o Liguri montani) erano sempre in agguato.
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Con la costruzione della Via Emilia Scauri il viaggio da Roma a Vada Sabatia, l’attuale Vado Ligure, poteva essere compiuto completamente via terra ed il suo tracciato venne certamente determinato dall’importanza strategica del Castrum di Camporomano, quale importante snodo sul tragitto che collegava Roma alle colonie militari che segnavano le tappe dell’espansione territoriale ed economica dell’Impero.
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Dieci secoli più tardi il percorso della via Francigena si è sovrapposto a quello della Via Emilia Scauri nel tratto che, dopo Luni, attraversa le Alpi Apuane e passa da Camaiore (alloraCampus Maior) per poi dirigersi a Lucca, importante tappa dei pellegrinaggi perché lì vi era già venerato il Volto Santo.
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Si dice che in quello stesso periodo sia stata edificata una piccola chiesa detta Santa Maria in Camporomano e che sulle sue fondamenta sia stato poi costruito il più antico degli immobili che caratterizzano il centro aziendale della attuale Fattoria di Camporomano della quale, qui di seguito, andiamo brevemente a ricostruire la storia.
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Le prime notizie risalgono al XVII° secolo. In quel periodo la tenuta era di proprietà della famiglia Cenami, mercanti lucchesi attivi non solo in Italia ma anche in Francia e nelle Fiandre e proprietari, dal 1559 al 1675, anche di quella che oggi viene chiamata Villa Mansi, a Segromigno. Intorno alla metà del 1600 la tenuta di Camporomano, che consisteva nei terreni e nel già citato edificio seicentesco, utilizzato in parte come abitazione padronale ed in parte come resede agricola, fu venduta al marchese Giovanni Mazzarosa.
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Furono dunque i marchesi Mazzarosa che iniziarono i lavori di terrazzamento della collina per consentire l’impianto dell’uliveto, ristrutturarono il fabbricato già esistente,costruirono l’edificio dove ancora oggi si trova il frantoio ed iniziarono la costruzione dell’abitazione padronale che oggi è denominata Villa Martellini.
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Nel 1801 il marchese Paolo Lodovico Garzoni, che fu ambasciatore di Leopoldo II, Ministro delle Relazioni Estere nel governo Serrurier e membro della Commissione per la redazione del nuovo testo costituzionale, Inviato Straordinario presso il Re d’Etruria, presidente della Regia Accademia dei Georgofili, Governatore civile e militare di Livorno, ereditò dai Mazzarosa la tenuta di Camporomano, ne completò l’impianto dell’uliveto, ne ampliò la superficie acquisendo alcuni terreni confinanti, costruì le case coloniche ed effettuò gli interventi di restauro e miglioramento dei fabbricati con particolare riferimento alla villa nella quale amava trascorrere le proprie vacanze in compagnia della moglie e del figlio Giuseppe il quale, a sua volta, ereditò Camporomano.
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Il marchese Giuseppe Garzoni, che nel 1871 diventerà Senatore del Regno d’Italia e ricoprirà importanti incarichi nell’amministrazione della città di Firenze dove fu assessore alle finanze, facente funzione di Sindaco e presidente della Croce Rossa fiorentina, sposò Ernesta Fenzi e dalla loro unione nacquero due figlie, Emilia e Maria Ernesta.
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Nel 1899, alla morte del marchese Senatore, fu la figlia Emilia ad ereditare la Fattoria di Camporomano, dove visse a lungo con suo marito, il conte Gustavo Parravicino, al quale si deve la graziosa sistemazione all’italiana del “giardino chiuso” dove furono piantate cinque differenti varietà di palma, oggetto di attenzione dell’Università di Pisa, delle quali attualmente rimane soltanto il bell’esemplare di Waschingtonia filifera collocato nell’aiuolacentrale del giardino e che ad oggi conta più di 130 anni.
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Il 17 ottobre 1900 Vittorio Emanuele III Re d’Italia, conferisce alla N.D Emila Garzoni in Parravicino il titolo di Conte Palatino, trasmissibile agli eredi legittimi e naturali, maschi da maschi, in linea e per ordine di primogenitura. Idem con le quali si autorizza il conte Gustavo Parravicino “ad usare il titolo di Conte Palatino maritali nomine e durante costanza di matrimonio o vedovanza” (Vedi Archivio di Stato di Lucca).
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Dall’unione di Emila Garzoni e Gustavo Parravicino nacquero quattro figli, Giuseppe, Bianca, Maria Luisa ed Ernestina che abitarono a lungo a Camporomano.
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Il conte Giuseppe Parravicino fu presidente della Misericordia di Stiava dal 1930 al 1932 ed in quegli anni si prodigò per migliorarne i servizi e per ammodernarne la sede.
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Nel 1938 la contessa Emilia Garzoni Parravicino, su richiesta di Sua Maestà la regina Elena, ospitò per un’intera estate a Camporomano i giovani Nicola e Dimitri Romanov, nipoti di MilicaPetrovic-Njegos di Montenegro, sorella della Regina Elena e Granduchessa NicolaevnaRomanov, zia di Nicola II Romanov, ultimo Zar di tutte le Russie.
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Fu poi la N.D. Oretta Martellini, secondogenita di Maria Luisa Parravicino e del marchese N.H. Colonnello Piero Martellini, sposata con Gianfranco Pecchioli, che ereditò dalla madre e dalla zia Ernestina due quarti della tenuta ed acquistò gli altri due quarti delle zie, riunificando così l’intera Fattoria di Camporomano dove ancora oggi vive Gianfranco Pecchioli con la figlia Elena ed i figli Francesco e Neri. Gli altri figli di Gianfranco Pecchioli e Oretta Martellini, Benedetta, Ugo, Folco e Guido vivono a Firenze ed a Roma.
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Oggi Camporomano si estende quasi esclusivamente sulla collina dove è iniziata la sua storia e dove fu impiantato l’uliveto, produce ancora un apprezzato olio extravergine di oliva, venduto direttamente in Fattoria così come l’ottima carne bovina dell’allevamento aziendale.
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Nelle case coloniche, abitate per oltre 200 anni dai coloni prima e dai mezzadri poi, resesi libere a seguito della trasformazione delle condizioni socio-economiche e delle consuetudini agricole della zona, oggi soggiornano gli ospiti della “Azienda Agrituristica Fattoria di Camporomano” che dal 1991, ad opera di Elena Pecchioli coadiuvata dal figlio Niccolò Farese, si è sviluppata quale importante integrazione della pur sempre principale attività agricola.
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di Federica Giannecchini
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