29 Mar La granata di marśo
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La granata di Marśo
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Sfenuto guasi marśo
doverebbi principia’ der bello;
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‘nvecie, forśe ‘r tempo,
-ch’ ‘un si sa come vestissi,
òra è cardo, po’ ridiaccia
quando sudi e pigli ‘r vento-
da ‘n momento all’artro
ti vièn giù ‘r mondo
che pare abbi a intremotà
o scoppia’ ‘na bomba.
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Ancòra butti
‘un n’hanno messi
i pioppi canto ‘r fiume;
e vedi vesti stecchi perinsù
rinsecchiti, bianchi e fitti fitti.
Mi sembrin ‘na granata
-di’o di stipa, no saggina!-
ch’un muratore c’ha spaśśato la carcina.
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Fenuto lavora’ l’han pianta lì, bianca,
come posa’ sudicia ‘na mestola.
O chie ce l’ha ‘ncavicchia ‘osì?!?
‘Na granata missa capaggiù
‘un è mi’a cosa da vedessi!
È come rovescia’ ‘r pane
o lasciacci-pianto-drento ‘r curtello.
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La granata va pulita e s’appuntella!
Io lai, sennò saréebbe bella!!!
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“Cavicchi” mi chiamava mio nonno Omero, l’unico nonno-nonno che ho conosciuto perché l’altro era morto “giovino”.
Mi chiamava anche Fabio, come un mio cugino ( anziché Dario ), suo nipote, sbagliando come fa ora mio padre con i miei figli e ricordandomi che tra trent’anni sarò io a fare lo stesso piccolo errore.
Il cavicchio è quel “legnin”che s’usa nell’orto per bucare il terreno per inserirvi le pianticelle che sviluppandosi nell’estate daranno gli ortaggi.
Perché “Cavicchi” non l’ho mai saputo, forse per il suono del nome, forse per quei piccoli casini che piantano i ragazzi a quell’età.
Marzo è un mese pazzo, può mutare nella temperatura e nelle condizioni meteorologiche repentinamente. Come dice il mio amico Beppe “Marśo ha sette berette” e determina anche aprile.
Ad aprile poi è dolce il dormire e succede che ci si “arśi” dal letto “guasi sfiniti” cioè già stanchi.
“Il bello”, poi, può essere il bel tempo primaverile ma anche una stagione della vita più serena, cosa che ci auguriamo e che si augura a chi amiamo.
S’intende granata invece, non la bomba, bensì la scopa con cui si spazza. La scopa, prima che in materiale sintetico, era di due tipi: saggina ( fatta con la pianta del sorgo, un cereale, e utilizzata all’interno ) o stipa ( fatta con i ramoscelli dell’erica, un arbusto e alberello, e utilizzata all’esterno ).
Così, percorrendo stamani l’autostrada, mi hanno colpito quei rami dei pioppi lungo il fiume che ancora privi dei butti ( germogli ), bianchi e nudi, si elevano verso il cielo e tutti uniti sembrano il sotto di una scopa.
Una scopa piantata per terra a testa in sù ( siamo abituati a vederla all’ingiù…ma siamo abituati anche a tante altre cose ) e imbiancata perché utilizzata probabilmente per spazzare della malta ( calcina viene da calce ).
Si dice che i muratori, arrivata l’ora in cui terminano di lavorare, posino la mestola qualunque sia l’avanzamento e l’urgenza dell’opera che stanno compiendo.
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Certe cose sta male farle.
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Gli strumenti di lavoro vanno ripuliti quando si smette di adoperarli.
Non si mette il pane in tavola a testa in giù ed è come fare uno spregio al cibo lasciare conficcato il coltello nel pane.
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versione 🇮🇹
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La scopa di marzo
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