03 Mag Alla moda pianigiana…
“Alla moda pianigiana
Chi ‘un inceppa
‘Un imbefana”
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“Secondo la consuetudine della piana ( lucchese)
Chi non fa un regalo per Natale
Non ne aspetti per Befana.”
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Il “ceppo”, per estensione “il regalo di Natale”, è collegato ad un’usanza nordica di bruciare un ceppo di legno nel camino, a scopo propiziatorio, nelle dodici notte successive al Natale.
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Si intuisce che questo detto lucchese è relativamente recente perché legato all’albero ( tradizione anglosassone importata ) e al Natale, o Babbo Natale, che porta i doni ( tradizione anglosassone e nordica ).
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Nella Lucchesia in particolare, ma un po’ in tutta l’Italia fino agli anni ‘60, la festa della Befana, Epifania, i Re Magi che portavano i doni a Gesù bambino, avevano una valenza ben superiore a quella del Natale e soprattutto direttamente associata alla figura del regalo e dei bambini.
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I “pensierini”ai nostri nonni li portava la Befana, figura pagana e leggendaria di una brutta e vecchia donnina dal cuore tenero e generoso, che, scendendo dai monti, in cui viveva solitaria come una sorta di povera strega buona, arrivava a valle con un sacco di doni.
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Lo sanno bene a Barga dove la tradizione della Befana è, per fortuna, ancor forte!
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Ed erano regalini semplici, poco costosi, fatti col cuore, un po’ come la vita rurale di allora, ma molto preziosi per i bimbi che li ricevevano: una noce, un fico secco, della frutta esotica cioè non autoctona, ad esempio un’ arancia della Sicilia.
Raramente trattavasi di giocattoli, i bimbi venivano avvezzati al lavoro ed ai gusti dei grandi perché si doveva crescere in fretta, pur mantenendo ben definiti i ruoli famigliari ( nonni, genitori, figli…).
In questi rari casi le carabattole consistevano in manufatti in legno o pezza ( trottole, bambole) o altre cosine di poco conto ( economico ) ma di grande valore per chi le riceveva considerato che era l’unica occasione nell’anno per avere un regalo o dei dolci.
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La figura della Befana ha preso piede dal medioevo e fu lungamente condannata dalla Chiesa in quanto di origine pagana.
Ha radici assai più antiche; fin dal tempo dei romani, si veneravano delle figure femminili che, nei dodici giorni successivi il 25 dicembre cioè fino al solstizio d’inverno, aleggiavano e benedicevano i campi. Figure legate alla dea Diana, a Madre Natura, all’abbondanza ma anche alla rinascita come auspicio benefico per i raccolti e la vita in genere del nuovo anno.
Da qui la donna che arrivava nel suo ultimo giorno, una vecchietta, a dire che iniziava una nuova stagione, un nuovo anno: Vecchia, brutta, con bastone, scopa, asino ( cuichino o “miccio” a Lucca ) gonnellona, “grembiale”, sacco di iuta o “balla”, “cencio in capo” ma soprattutto severa e molto temuta.
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I bimbi cattivi, ma non solo, ne avevano particolarmente paura e sapevano che non avrebbero ricevuto regali ma carbone.
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E la Befana si andava a cantare nei veglioni itineranti dei paesi, un’occasione di conoscere luoghi vicini ma inesplorati, corti e corticelle, località dai nomi antichi e quasi dimenticati ma soprattutto tanta socialità e traduzione.
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Il drink più diffuso, a parte il vin brûlé, sicuramente il punch al mandarino di Nardini, un must intramontabile da generazioni.
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Altra forte tradizione lucchese è il presepe o presepio, una rappresentazione della natività di Gesù con miniature dei vari personaggi.
Il presepe veniva allestito in ogni casa, con più o meno cura o “ammattimento”, più o meno gusto e sfarzo ma certamente più del moderno albero.
Che poi proprio “moderno” anche l’albero non lo è perché richiama il culto della Natura e il legame tra la terra e il cielo cosa assai antica e quasi sciamanica.
Sicuramente la cultuta lucchese è più legata al presepio.
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Sarà per il carattere ludico nella preparazione della scenografia, dove quelli che si divertono di più sono i grandi, sarà per Il legame con la nostra mediavalle che si è fatta conoscere nel mondo nella sua arte sacra applicata alla produzione delle famose statuine.
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Il nostro figurinaio, rappresentato con la valigia di cartone legata con lo spago e il mammalucco in gesso sottobraccio, si è fatto conoscere e apprezzare nel mondo. La produzione coinvolgeva famiglie intere delle colline di Bagni e Coreglia, un’autentica arte che toccava la scultura, la scenografia, la pittura e soprattutto l’artigianalita’ e l’eccellenza lucchese.
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