24 Ago Il valore del bar scuola
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La funzione sociale e culturale del bar è evidente e imprescindibile.
Sono inimmaginabili una città, una frazione, una strada o una via senza un bar.
Relegare il bar a un mero luogo di somministrazione bevande o cibo è un grave errore e significa svilire l’essenza di questo luogo e sottovalutarne l’importanza.
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A livello psicologico il bar rappresenta una via di fuga dal quotidiano, un intermezzo piacevole, un punto fermo, un’oasi felice e spensierata, un orologio per scandire la propria giornata: colazione, spuntino, aperitivo, pranzo, merenda, cena, dopo cena e tanto, tanto, tanto caffè espresso corto, lungo, ristretto, macchiato, in tazze di varia capienza, corretto ma sempre… caldo e comodo.
Le funzioni del barista o dell’amico da bar sono quelle di confidente, psicologo, avvocato, commercialista, dottore, meccanico. Tutto avviene nel bar con tempi ragionevoli che esulano dalle dinamiche stressanti dei ritmi lavorativi. Al bar si prende una boccata d’aria piuttosto che un bicchiere di qualcosa. È abominevole pensare al bar come un luogo da ubriaconi, lo fa chi ipocritamente va al bar solo per ubriacarsi o chi, frustrato, non si può recare al bar per motivi famigliari, lavorativi o altre ragioni inconcepibili.
Questa valvola di sfogo ha aiutato e sostenuto gli antichi prima ancora dell’uomo moderno.
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Sociologicamente il bar costituisce un punto d’incontro, un luogo dove fare e coltivare amicizia, conoscere, abbordare o frequentare partner, condividere e alleviare la propria esistenza terrena, confrontarsi costruttivamente, raggiungere altri umani nostri simili.
Una Frazione, per essere considerata tale, doveva recare almeno una chiesa ed un posto pubblico; il bar, è appunto il posto pubblico.
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Nella logistica il bar rappresenta un’indicazione stradale importante, un luogo di incontro, di arrivo e partenza, un parcheggio, un punto ristoro, un riparo dalla calura o dal freddo. Bevande e cibo hanno una stagionalità che derivano dalla temperatura, dalla tradizione, dalle abitudini e soprattutto dal territorio.
Ogni bar ha proprie peculiarità, specialità, clientela che spesso derivano dalla personalità e dalle scelte commerciali ( mission ) del gestore ma molto frequentemente sono insite nel locale stesso e ne accompagnano la storia o la fama.
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Il bar insegna; se non altro insegna a pensare. Ed è un pensare fuori dagli schemi perché normalmente non viene influenzato da elementi esterni accreditati o considerati tali. Nel bar si è tutti uguali, tutti si può dire la propria e conta il pensiero di ognuno.
Infatti si può parlare e affermare di tutto, anche cose false o inesatte, fantasie, bugie, ipotesi strampalate.
Ogni grande scopritore ha percorso strade non battute ed è stato considerato un folle prima che un creativo: al bar, se è per questo, c’è pieno di matti!
Il bar ha una propria cultura o perlomeno un suo modo di mantenere e accrescere quella esistente o quella del luogo.
A tutte le età si va al bar, ma il bar ha insegnato soprattutto a quelle generazioni in cui il ruolo figlio, genitore, nonno erano particolarmente scanditi e distanti. Ecco che gli argomenti che, per limite generazionale o tabù culturale, non venivano trattati in ambito famiglia, per compensazione e osmosi, venivano sviscerati, capiti, battuti proprio al bar.
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Il bar mantiene una sua lingua o un suo linguaggio, colorito e ricco, distinto da un locale all’altro, di paese in paese, strada o piazza: c’è di bello che è il linguaggio del posto, il dialetto, il vernacolo, la parlata tipica con i suoi detti, i suoi accenti, la sua sintassi, la sua cadenza…la sua storia.
Le città avevano le proprie corti di nobili, i salotti bene, ma anche le corti rurali ( quelle dei contadini ) che, perdonate il gioco di parole, non erano per niente male! Il bar-bar come il caffè degli artisti rappresenta una popolare Accademia della Crusca che conserva un idioma prezioso.
Questo idioma non deve essere perso e neppure sostituito da uno slang globalizzato che non ci appartiene, che non ci distingue, che non ci accresce.
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