30 Giu Becchi lucchesi e Bischeri pisani
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Sì-sì, si: becchi lucchesi
( ma bischeri pisani )
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Anderà bèn esse’ “Becchi”
ma “Bischeri” saranno lòro!
ver popolo ch’un dio dilà dar fóro
un po’ ghiòvi, tòrti e maladetti.
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Sì-sì, si mangia d’erba,
d’amaretti , semolin a sfare
-co’pinoli, l’uva e anco di sale-
ma ‘n sia mai fanne di merda!
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La ‘mpasti ammodo con amore
e ver che resta lecchi tutta;
po’ passi ‘n forno, no du’ òre…
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“E’ sempre bòn ver ch’un ammaśza
ma s’entra in bocca a Lucca
sempre dar fóro-buo passa!.”
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de Il Lustro
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“I toscani son la cattiva coscienza d’Italia”
“I toscani hanno il cielo negli occhi e l’Inferno in bocca”
( Curzio Malaparte – “Maledetti toscani” )
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La Toscana è terra di molti campanilismi e, tra le varie discussioni che si leggono sui mega-gruppi social lucchesi, un argomento molto sentito riguarda logicamente i pisani.
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Più che della storia che li lega alla nostra provincia, storia fatta di guerre, dominazioni e continui “bisticci”, si parla spesso di quella che è la percezione lucchese di questo popolo.
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Gli interessi che ci hanno diviso sono cosa lontana persa nei tempi, mi limiterò a trattare, con il dovuto rispetto ( e goliardicamente ) dei concetti campanilistici e dei vari luoghi comuni che spesso emergono.
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È sicuro che una differenza sostanziale sta nel comportamento; il lucchese più chiuso e diffidente, il pisano più ciarlone e scanzonato: un po’ “ghiovo” ( “ghiova” è la zolla di terra indurita al sole ) ovvero grezzo, volgare e sboccato ( secondo i lucchesi poi dovremmo sentire i pisani…)
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Si dice “andar a Lucca a prendere il garbo” proprio per questo atteggiamento “riservato” da sembrare quasi riguardoso e aristocratico e per una parlata più dolce e raffinata ( di quella pisana ) che tuttavia non disdegna argomenti spesso volgari e scurrili.
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A detta di alcuni il pisano è comunemente un po’ sgraziato, malvestito e “trasandone” e mantiene una fisionomia propria che differisce da quella del lucchese in tutto.
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“Testa a pisano” ( dicono “squadrata”, questa poi! )
“Vestito a pisano” ( trascurato )
“Macchina a pisano” ( eccessivamente accessoriata e pacchiana )
“Pisanata” ( gesto sconsiderato)
“Guida come un pisano” ( indeciso )
“Murato a pisano” ( storto come la torre , non in piombo )
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Non oso pensare a cosa dicano i pisani dei lucchesi ma ritengo gli argomenti siano simili a significare una differenza culturale che nel tempo ha mantenuto molte genuine peculiarità.
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Altro argomento che divide lucchesi e pisani sono le torte. La medesima torta, rotonda come una crostata con base di pasta frolla e bordo con le punte, viene definita a Pisa ( specie nella zona di Pontasserchio ) “Torta coi bischeri” mentre a Lucca si definisce “Torta co’ bbecchi”.
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Una torta, ne esistono di dolci e salate, che può avere per ripieno sia le erbe ( bietola ) sia il cioccolato, sia un impasto di semolino o di amaretti o altro.
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Tra gli ingredienti di quelle dolci di erbe ( tradizionali per Pasqua ma si trovano tutto l’anno ) anche l’uva passa ed i pinoli.
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I “becchi” o “bischeri” consisterebbero nelle punte di pasta frolla che impreziosiscono il bordo della torta quasi fossero gli smerli delle torri.
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Il becco è anche il maschio della capra, notoriamente cornuto e, per estensione, il marito che viene tradito .
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“Becco e bastonato”
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Il bischero è invece una cosa informe e allungata ( “ fatto a bischero” ) assimilabile ad un pene.
Bischero si intende anche una persona un po’ sciocca o talmente buona da rasentare la stupidità ( “Buono vòl dì bischero” ).
I Bischeri furono una ricca famiglia fiorentina con molte proprietà immobiliari nel centro. Per la loro avidità, nel trattare con il Comune la cessione di alcuni beni, finirono col non ottenere niente e dovettero addirittura lasciare Firenze.
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Mi affascinò molto la versione, narratami da un ristoratore lucchese ( per la quale non ho però trovato riscontro nei gruppi ) che i “becchi” fossero in realtà i “bechi” o “bei” cioè i bigattini.
La teoria asseriva che, essendo la torta ( quella salata ) un miscuglio di vari ingredienti quasi a ripulir la dispensa, pareva che questo “mescolorumme” fosse quasi un qualcosa in marcescenza ( marcio / sego ) attaccabile dalle larve di mosca. I pinoli poi erano molto simili a queste larve, i bigattini bianchi usati comunemente nella pesca.
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Tornando ai pisani, che come diceva Dante “veder Lucca non ponno”, con la loro estesa provincia e conseguentemente alle guerre combattute per allargarla e difenderla, si trovano ora nel “tiro incrociato” del campanilismo di varie province vicine . Tra queste Livorno, Firenze e logicamente Lucca.
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Di Lucca e Firenze si debbono poi sorbire i fiumi che nel mare di Pisa sfociano trasportando non solo acqua ma anche detriti, rifiuti e logicamente un bel po’ di maleodoranti scarichi.
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Tutto ciò che entra dal cavo orale “bocca” da un altro orifizio deve pur fuoriuscire…
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Questo sonetto alla méglio non vuole offendere nessuno, lungi da me ogni qualsiasi forma di discriminazione o pregiudizio.
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Un semplice gioco di parole sui vari luoghi comuni lucchesi, sulle torte e, come nella tradizione un po’ volgare, sugli escrementi.
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de Il Lustro
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