21 Giu Benvenuta estate
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Il mare!
Com’era “il mare” per noi bamborini?
Sveglia presto, diciamo alle sette.
Colazione veloce e, sempre impastati dal sonno, a piedi o in bicicletta, tutti alla stazione di Nozzano.
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La bici si affidava alla Signora Gina che la custodiva fino al rientro.
Puntuale, in arrivò da Lucca, si fermava il treno.
Poche centinaia di metri e la Piana lucchese sarebbe sparita dietro la galleria, dopo il buio del vagone e la grande emozione dell’improvvisa luce della Versilia.
La fermata a Massarosa e infine Viareggio Scalo.
E lì sì che c’era da camminare.
Direzione i vecchi bagni della Darsena, che prima erano attaccati al molo e che poi furono spostati a sud per ampliare l’area del porto.
Lungo la strada si facevano poche soste per prendere la merenda o il pane o la frutta.
Il tempo passava veloce coi nostri ruzzi o mattie, un po’ meno per chi ci accompagnava.
Sul mare, ombrellone e gabina (cabina) già prenotati per il periodo del mare.
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L’orario canonico per fare il bagno: le 11! Dovevan passare almeno 3 ore dalla colazione.
Ma se cedevamo ai venditori di schiacciatine, cocco o gelato, genitori consentendo, restavamo… all’asciutto, pena morire di una congestione!
Ma allora perché gli altri bamborini stranieri erano sempre a mollo, vivi, e, anzi, la mamma portava loro la focaccina direttamente nell’acqua?
La risposa era: “Loro ci son abituati…” Mah, mistero…
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Sulla rena giocavamo con i tappini, le palline trasparenti con i ciclisti, o, più grandi, al gioco del fazzoletto o a dire, baciare,…. ecc.
E tutto trascorreva serenamente.
Quasi, perché qualche bisticcio e bizza erano sempre in agguato.
Nel pomeriggio, rientro fino alla stazione con eventuale sosta in pineta.
A volte un gelato a paletta nel cono o un ghiacciolo o qualche diavoleria di quei bussoli che mettevi 10 lire, giravi il pomello e ti davano la “scingomma”, riuscivamo ad averlo.
Il treno, a ritroso, usciva dalla galleria e la Piana era più cupa della Versilia.
E se non passavamo dalla Signora Gina a pagare, è perché alla stazione ci eravamo venuti a piedi.
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L’amor dell’anni
( da “Le stagioni dell’Amore – Estate ” di Giuseppe Pardi )
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Pappà e bambori a fa castelli
colla rena bagnata giù bocconi.
Ragassine vispe un po’ appartate
aspettin il passà di du’ monelli:
dall’occhi scendin giù de’ lluccioloni
mentre pipìan delle ‘ose andate. (1)Nonni coperti dalle sabbiature
gambe grinsite segne dalle vene. (2)
Mariti a légge l’utimo giornale, (3)
sottecchi a controllà le scollature.
Bagnini muscolosi e messi bene
mogli a commentà: Un è mi’a male!Orilogi scorin i ssu menuti,
frignin a su’ mà, trebesti sul mare: (4)
“O quanto c’è, sempre, per far il tuffo?”
“Boni, e sulla battima giù seduti! (5)
Le tre òre già dovrete aspettare,
per un doventà blu come un bel Puffo!” (6)E nella breve estate della vita
ognun si cerca quel che c’ha premura.
Sogni, speranze, ma. oggi va capìta
che un è certo questo quel che dura!.
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Testo, poesia e immagini di Giuseppe Pardi
note:
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(1) Pipiare = chiacchierare copiosamente
(2) Segne = segnate (il participio passato lucchese)
(3) Utimo = ultimo
(4) Trebesti = vivaci
(5) Battima = bagnasciuga
(6) diventare blù, per la congestione
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