20 Mag I’ Llesso: si stava méglio, péggio
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I’ llesso
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Fa i’ llesso bòno
‘Un è mia da tutti:
“Bollitin”che si rispetti,
Insennò fai ir brodo!
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Te scèglie ‘ pèśzi méglio:
magrin , lingua ‘na punta
po’ l’ossi davero, no per finta
e l’odorino appena svèrto…
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Ci vor di tutt’ n po’
curignoro, gallina e manśo.
Allora sì, sei ‘n ganśo.
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Di vello teggio no
Che ‘r gatto bèla “Mao”!
Ma tenero…è bòno bao!
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de Il Lustro
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“Si stava méglio
quando si stava péggio”
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Era buona abitudine qualche decennio fa che all’amico, se venisse a trovarci prima del pranzo o della cena, si offrisse di restare invitandolo a mangiare nella propria casa.
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Era creanza popolare, forse contadina, comunque tipica delle famiglie umili le quali, in quel modo, condividevano l’umile pasto, con il gradito ospite, facendolo così partecipe dell’effettiva casa.
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Dico “effettiva” perché, nei tempi odierni, l’invitare a cena degli amici, comporta una serie di artificiosi preparativi scenografici, teatrali e culinari che stravolgono completamente la dimora ( e le persone, ospiti e ospitanti ) lasciando, del clima abitudinario domestico originario e quotidiano, davvero ben poco.
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Alla fine anche un semplice invito diventa così complicato che poi spesso non se ne fa di niente…
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Il cibo, celebrato come una cosa non proprio scontata, rappresentava il frutto delle fatiche nei campi ( non se ne buttava via mai ) ed i figli erano bocche da sfamare ma anche braccia pronte a lavorare nei campi.
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I pasti erano poveri ma abbondanti perché le calorie necessarie per lo svolgimento di quelle pesanti mansioni richiedeva notevoli energie.
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Molte delle patologie, legate all’alimentazione non esistevano o erano trascurate per pensare a problemi più importanti come il semplice sostentamento.
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In quest’epoca i piatti non potevano che esser poveri; “cucina povera” si dice oggi e, oltre ad essere di gran moda, è utile a riscoprire i prodotti, le ricette e le usanze tipiche di ciascun territorio.
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“Ha da vienì ‘ na bella ventata di miseria !”
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Che la povertà sia tornata di moda?Fatto sta che minestroni, zuppe di pane e tante patate in tutte le salse, sono presenti sui menù dei migliori ristoranti riconoscendo il giusto lustro ai presidi slow-food delle varie regioni.
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Un piatto molto ambito, poiché raro da poter gustare, era il “lesso” ossia il bollito.
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Il giorno che se ne poteva mangiare in casa era una festa.
Se il caso volesse che in quel giorno vi fossero ospiti, i figli dovevano mentire sostenendo di non volerne, di non aver appetito, di non gradirlo, sacrificando la loro modesta porzione a favore del l’importante commensale.
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Oggi, nelle famiglie, di lesso se ne prepara sempre meno. Il bollito viene snobbato dai ragazzi che prediligono cibi più FAST o dal nome e aspetto più COOL.
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Poi magari lo andiamo a ricercare nelle trattorie dicendo che quello che ci si prepara a casa è migliore…
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“Oh Brodo”
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“Brodo” è l’alimento liquido definito dai francesi “consommé” se ristretto o “bouillon” se più allungato.
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“Brodo” è anche un’offesa lieve per intendere una persona sciocca ( sciabigotto ) o incapace.
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Un uomo quindi di poca consistenza come la pietanza. “Brodo di tullore” era un minestrone di castagne secche, una brodaglia insapore…
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Il contrario di “ganśo” ossia furbo, scaltro e brillante. “Il ganśo” è invece l’amante clandestino di una donna ( per la donna si usa “la ganśa ).
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“Ganśo bao”
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significa “veramente figo” o “molto figo”.
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“Bao” è quindi un aggettivo di quantità ma anche avverbio. In risposta ad una domanda “Bao” esprime oltre ad affermare un sì anche l’ovvietà ed il compiacimento del proprio comportamento…
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“ Si va al Giannotti stasera?”
“Bao”
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“Te lo mangi il lesso?”
“Bao” ( Si certamente, mi piace! )
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“Sarà Brodo chi ‘un ni piace i’ llesso?!?”
“Bao!” ( Certo che è uno sciocco ! ).
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“Si stava méglio
quando si stava péggio …”
“Bao!” ( Infatti )
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