15 Mar La nanina contesa
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Questo sonetto alla méglio ( cioè come mèglio viene ) rientra nei componimenti fatti con l’uccello ( per protagonista ).
In questo caso la nanina, una piccola gallina molto incline alla cóva delle uova che, come tutti gli animali, se disturbati nella loro “confort-zone”, può rigettare il proprio nido, scioperando dal proprio mestiere.
L’ispirazione è nata da un post apparso su un gruppo social lucchese che recitava più o meno:
“La mi’ moglie m’ha conteso”.
Il gergo lucchese ha la peculiarità oltre che di creare nuovi lemmi e alterarne di esistenti soprattutto di attribuire significati diversi a parole che nell’italiano significano tutt’altro.
Il “contendere” significa “brontolare” una persona e non competere con qualcun altro per ottenere un determinato oggetto.
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Gli altri lemmi lucchesi cosiccome i concetti ed i modi di dire appartengono invece al mondo contadino di Lucca fòri.
Si sa che due galli nello stesso pollaio non possono stare senza litigare…
Il “governare” non significa gestire la politica ( o uno stato ) ma semplicemente “dar da mangiare” nello specifico agli animali domestici.
Si dice nel contado:
“En buffi ( curiosi ) i cunigliori…ma anco chi ni fa l’erba…( chi li governa) per indicare che spesso sono più strane le persone che si dovrebbero ritenere normali degli stessi pazzi.
Dei conigli si dice anche:
“Di pelo rosso ‘un en bòni neanco i cunigliori” per indicare il luogo comune, narrato anche dal Verga nella novella verista “Rosso malpelo” che le persone dai capelli rossi siano bizzarre.
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L’esser “mencio” significa invece l’essere mogio e della consistenza dei panni. Uno stato mentale più che fisico descritto da questa parola a metà tra il mesto ( triste ) e cencio ( straccio che si da in terra ).
“Cenciare” vuol dire ridurre ad uno straccio, “cencio dice mal di straccio” quando due persone di poca consistenza parlano male l’uno dell’altro.
Avere a spèce ( specie ) equivale a non aver piacere, avere a schifo, disdegnare;
“mentovare” , invece, è menzionare, nominare, ma anche ricordare.
“Io béo” è imprecazione bonaria di tipo esclamativo, il béo è il piccolo lombrico ovvero il baco ( beco ) terrignolo da non confondere con il “bao” o baino che è il bigattino, larva della mosca che si forma nel ségo ( carne in marcescenza ).
“Bao” significa anche molto, tanto, parecchio.
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Paléo indica l’erba lunga appena tagliata e umida al mattino, il foraggio degli animali della stalla.
Nella zona di Pescia si intende “paléo” anche il dormire pesante, o l’andare a letto, considerato che il letto degli animali è fatto di fieno.
“Fare ammodo” significa in questo caso “prestare attenzione”, in senso lato vuole invece dire “fare le cose per bene” ovvero “ nel modo giusto”.
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La nanina contesa
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Povera nanina, giù…
Com’è che l’hai contesa?!?
‘Un l’hai visto che s’è offesa
E òra, sdegna’, ‘n cova più.
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La contendino du’galli
Che governino ‘r pollaio
Uno mencio, l’artro gaio
Ma ‘n’hó a spèce mentovalli
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I cunigliori, io béo,
enno buffi; m’anco péggio
Chi fa l’erba!
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Fate ammodo ner paléo,
Vand’è buio e maladeggio,
‘Un pestasto varche m…. !
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de
Il Lustro
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La gallina (mugellese) brontolata.
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Suvvia povera gallina
Perché l’hai rimproverata?
Non ti sei accorto che così facendo l’hai offesa nell’anime
e che si è disinnamorata dal covare le uova?
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La stanno brontolando
I due galli che gestiscono il pollaio,
Uno triste e l’altro allegro,
Che non ho piacere di nominare.
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I conigli sono strani
Ma ancor più strano
È chi gli dà da mangiare
Preparandogli il foraggio.
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Prestate attenzione
Nei campi di erba tagliata e fresca
Andando nel maledetto buio
A non calpestare qualche escremento!
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La versione italiana ha poco senso in quanto non riprende i modi di dire lucchesi.
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