07 Feb Pagare i debiti col culo
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Vesta vì è di molto curiosa e la san in poghi davero…sentite ganśa!
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Raccontava il Dottor Idelfonso Nieri, che fu socio ordinario della Reale Accademia Lucchese di scienze letterarie ed arti, che “vi fu un tempo” che lui non credeva neanche troppo lontano, in cui i debiti minori venivano pagati “col culo”.
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Parliamo dei tempi in cui lo Stato Lucchese aveva governo, moneta e leggi proprie; tra queste norme si può immaginare quanto in considerazione venissero tenuti “da conto” gli usi ed i costumi.
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Quel che si dice, benché dai titoli potrà sembrar scurrile e richiamare contegni al limite della decenza, è verità e niente ha a che spartire con la promiscuità o la sessualità.
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I cittadini che avessero contratto “de’ chiodi” ( debiti) di piccolo importo nell’impossibilità o nella mancanza di volontà di poterli onorare, si recavano col creditore in piazza e, di fronte alla folla dei curiosi ( perché il gesto fosse pubblico ed eclatante ), davano tre colpi di nudo sedere su una pietra appositamente collocata per questo “bello ufficio”.
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Questa prassi proscioglieva il debitore dal suo onere e “soddisfaceva”, ( ripagava nell’onore ) il creditore.
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Se poi quest’ultimo fosse soddisfatto o meno non si può certo dire; noi lucchesi ai quattrini ci guardiamo abbastanza…
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Quale fosse la piazza il Nieri ( 1853-1920) che tramanda questo “dettaggio”, non lo riferisce.
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Piazza Grande non era così importante prima dei Napoleonici, piazza Anfiteatro ( “piazza” per eccellenza a Lucca in quanto sede del mercato e titolo del quartiere ) era forse troppo popolare…
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Probabilmente la piazza in questione è proprio piazza San Michele che fu l’antico foro cittadino, già era sede del palazzo pretorio e centro del potere.
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Qui ad esempio si bruciavano le partite di stoffa che non rispettavano gli standard richiesti dal marchio “seta lucchese”.
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Facendo il giro della Chiesa non sembra vi sia una pietra ad-hoc per conformazione e altezza dal terreno.
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Il palazzo pretorio, nel suo loggione, ha delle panche e scalini forse più consoni all’uopo.
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Le parole che il debitore doveva pronunziare erano:
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“Cinquina, cinquinara,
Chi ha da aver col cul si paga.”
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Il termini “cinquina” e “cinquinara” riferiscono invece al rubare, lo sgraffignare con le cinque dita, sottraendo cose di poco conto:
furti da ragazzetti, per intendersi.
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Evidentemente chi non paga un piccolo debito viene messo alla stregua di un ladruncolo.
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Il non pagare era cosa di cui vergognarsi così come il calarsi le braghe ed esporre il “deretano”, come lo chiamava l’Ariosto, davanti a degli sconosciuti.
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Il non pagare e l’esporre il fondoschiena sono poi diventati, ai giorni nostri, di gran tendenza.
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Se mai vedrete una fila interminabile che inizia da San Michele, le ipotesi sono tre:
A) State assistendo alla processione di Santa Croce
B) La biglietteria dei Comics ( o Lucca Summer Festival ) è stata spostata lì.
C) Un decreto ha ripristinato la legge con cui poter assolvere ai proprio debitucci con tre pubblici colpi di natiche su una qualche fredda pietra…
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dall’idea di Giuseppe Pardi che ha fornito le fonti e collaborato alla stesura del testo.
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