06 Feb Il ticket di Eriprando a Nave
–
“Chi siete? Da dove venite? Cosa portate? Dove andate? Un fiorino!”. Si, immagino proprio che, più o meno, questa famosa frase, tratta dal film “Non ci resta che piangere” con Benigni e Troisi, sia stata ripetuta chissà quante volte nel feudo di Eriprando. I viandanti provenienti da Camaiore e diretti a Lucca, su questo tratto della via Francigena, arrivati a Borgo San Pietro, sulla sponda destra del Serchio e in assenza del primo ponte di legno costruito nel XI secolo, avevano due possibilità per l’attraversamento del fiume il quale, senza argini, aveva un letto molto, molto più esteso di quanto vediamo oggi. Dal Borgo, il mezzo più usato e sicuro era costituito, a fronte del pagamento di un pedaggio, dall’utilizzo di una barca, detta di Eriprando, nome dal quale, probabilmente come feudatario del luogo, il piccolo paese sulla sponda sinistra prese il nome di “Nave di Eriprando”. Oltre a questo luogo ubicato leggermente a nord dell’attuale ponte San Pietro, esisteva un’altra possibilità per raggiungere Lucca: risalendo il corso verso Sant’Alessio, sulla sponda opposta alla “normale” via Francigena che passava lateralmente al “prato del Marchese”, si giungeva nel territorio di S. Anna ”in plagis”, chiamata poi località “le piagge”, dove in certi periodi dell’anno sembra che il fiume, non senza pericoli, potesse essere guadato anche a piedi. I due percorsi si riunivano nella zona di Via del “Tiro a segno” per proseguire verso la vicina porta di San Donato dalla quale, accedendo alla città, i pellegrini avrebbero potuto finalmente onorare il Volto Santo.
di Enzo46
–
–
Tre merli…
–
—
Tre merli
partiron presto
sotto ‘Ir Quiesa,
-lì d’Arlian-
a inda’ a fa’ ‘n giro
‘ntorn’a Lucca.
–
Già di sopra
in Fregionaia
liti’avin di brutto
che velli sotto
dissin forte:
“lorolì en matti!”
–
Abbaccaron
la Contesora
-credevin fusse ‘r fiume-
ch’el Serchio pogodopo
‘un lo viddin
neanco morto.
–
Piuallà per Nave
c’incontraron, poerine,
varche ghelle;
ma i merli
avein le penne
e no la pelle
–
Però ‘un sapevin
iscrive guasi nulla;
Sicché
A fassi passare
bécca la paura
Si divisin di volà:
–
Uno finì da’ frati
préte ‘n seminario
Uno al laccio
che, dice, prese moglie
L’urtimo ci còrse
Arivó ar duomo
–
… e réstó ‘n forśe.
–
de Il Lustro
–
No Comments