04 Feb Giasone il greco-viareggino
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Noi italiani, quando si pensa ad un greco, lo associamo allo Zorba reso celebre dal film con Anthony Quinn tratto dall’omonimo romanzo ( è una vita che sognavo scriverlo 😂 ) “Zorba il greco” di Nikos Kazantzakis.
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Un libro bellissimo che ho letto qualche secolo fa con protagonista questo operaio-filosofo che dai suoi tanti viaggi ha saputo attingere per decifrare la vita in modo poetico e sempre ispirato e tendente alla natura. Mi ricordo un passo in cui parla del serpente come animale nobile, seppure odiato da tutti, in quanto perennemente e completamente a contatto ( con l’intero corpo ) con la Terra.
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Il signore conosciuto oggi è anch’egli un greco di tutto rispetto: Giasone Polycretis.
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Lo osservavo ogni volta che, recandomi a Viareggio per lavoro, lì “al bozzone” nella darsena dietro la Torre Matilde, stava a dipingere unicamente lo stesso soggetto: la Torre.
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Per questo mi aveva incuriosito e mi ero informato apprendendo che era greco, di buona famiglia nel suo paese, trasferitosi a Firenze per motivi suoi e che aveva compiuto studi accademici in Italia.
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Una tecnica ed una velocità realizzativa da far paura anche su soggetti classici e complessi ( riesce a riprodurre Madonne e affreschi fedelmente in tempi record ), predilige Viareggio nei suoi temi, recandovisi quotidianamente da Firenze ( dove risiede) in treno.
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Il suo legame con la località di mare è iniziato nel 1971 quando arrivato a Firenze per il suo viaggio di nozze , anziché andare a Parigi ( come fanno tutti ma non gli artisti !!! ) ha aperto una cartina della Toscana e scelto, ispirato inconsapevolmente dal nome, “via Regia”, quindi Viareggio.
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Qui ha imparato ad amarla ed iniziato a dipingerla. Dapprima al molo senza spingersi ad est del canale, fermandosi sul lato ovest.
Settimanalmente lasciava i suoi quadri tornando dopo qualche giorno e scoprendoli venduti.
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Poi, dipingendo la Darsena Toscana, la punta del porto da via Coppino, la Pineta, ha conosciuto un amico, Piero, ed imparato ad amare quegli specchi d’acqua ricchi di imbarcazioni e, a quel tempo, di pescherecci.
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La Torre Matilde no, quella non gli piaceva.
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Fu il suo amico fraterno a dirgli che era forse il soggetto più antico presente in Viareggio, così vi si avvicinò, la dipinse e mai più la lasciò.
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Mi ha confessato di averne realizzate più di 1000, essendo il soggetto più richiesto.
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Una volta sul molo con l’amico, entrambi a dipingere, iniziò a piovere e lui, malgrado Piero gli dicesse della pioggia e che era tutto bagnato nei capelli, si trovò talmente immerso nel dipinto, da non riuscire a smettere; un pitturare ricco di colore, brevi colpi di pennello a svelare una luce, ghermita dal vivo ( così lui dipinge sempre “sul campo” ) in una foga quasi estatica, veloce e passionale.
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Fu il suo quadro più bello -confessa- e per dirlo lui, che ne ha realizzato qualche migliaio in tanti anni di pratica artistica, come non credergli.
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Il suo sogno? Un ponte spirituale, ma anche un gemellaggio, tra Viareggio e la sua città della Grecia.
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Viareggio lo ama, tutti lo conoscono e salutano; mentre ero lì è passato un signore in bici che gli ha urlato “Una luce come oggi non la trovi più!”.
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