25 Nov La diabolica pietra de’ Bernardini
La Pietra di Martin
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C’ha misso mano,dimmi te
Ir Diaule e lo sciarbino
E l’istipito poerino
‘Un ne vòl propio sapè.
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Sfarinata la carcina
Principi’a sverge ‘r muro
Aricciato, secch’e duro
Bell’e ritto che ‘un combina.
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Sarà Pietra di contado…
La riforma di Martino
E l’immaginina lèva
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viene male sopportato:
Il broncon e lo spino
‘Un li pòi lascia’ per tèra!
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(un sonetto alla méglio de Il Lustro)
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Narra la leggenda che sia interceduto nientemeno che il Satanasso, nella vicenda legata all’edificazione dell’imponente palazzo dei Bernardini, ricca famiglia lucchese protagonista della politica lucchese dal cinquecento…
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La Lucca non più medioevale risorge dai secoli bui e conosce le nuove costruzioni pubbliche o private che vanno a modificare l’aspetto delle vie, delle piazze e degli edifici.
Gli archi che affacciano sulle strade e sulle corti, sede dei commerci popolari e delle botteghe di artigiani, vengono tamponati con muratura di calce e pietra ( il cemento è invenzione di oggi ). Le vicine cave di Matraia e Guamo e le varie fornaci disseminate nell’area delle sei miglia forniscono materiali e laterizi per tante imponenti nuove costruzioni, ricostruzioni e pavimentazioni.
L’opera più importante è senz’altro la nuova cerchia muraria urbana, quella attuale, iniziata nel 1503 e coordinata con uno specifico Offizio presieduto da sei delle famiglie lucchesi più influenti; l’edilizia comprende anche chiese (come San Paolino) e palazzi ( come quello del Podestà).
Uno degli architetti più attivi è Nicolao Civitali, figlio dello scultore Matteo, che in soli sei anni realizza un’ immensa residenza per il signore di Lucca, Martino Bernardini.
Dimensioni e sfarzo, come fu per l’altezza delle torri nel medioevo, sono i nuovi indici della ricchezza e del prestigio dei casati della nuova generazione di ricchi mercanti che stanno governando Lucca.
Il progetto si ispira a quello di Leon Battista Alberti per il palazzo Rucellai in Firenze e si realizza dal 1517 al 1523.
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L’area di cantiere viene ripulita dalle costruzioni più vecchie tra cui altre abitazioni, chiese e chiesette ( si dice di Lucca “città delle 100 chiese, in realtà erano quasi il doppio…)
Nel far questo viene tolta anche un’immagine della Madonna, molto venerata dal popolo in epoca di carestie e pestilenze, senza che venga poi re-inglobata nella facciata del palazzo antistante il grande spiazzo “d’agio” che le è stato ricavato.
L’architetto, su pressione forse dell’urgenza, forse del signor Bernardini, non intende modificare il suo progetto.
Si sa, “la fretta è cattiva consigliera” , ma la leggenda narra che a istruire Martino di togliere l’effige della Madonnina sia stato addirittura il Diavolo…
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Il potente Martino, esponente dell’ oligarchia dei mercanti di seta, doveva nel suo amministrare far fronte a tante situazioni, dal mantenere la sua Repubblica Lucchese indipendente dall’imperatore Carlo V, a controllare i possibili amici della famiglia Poggi, a vigilare su possibili sommosse popolari o su probabili antagonisti politici…
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La riforma martiniana del 1556, dal nome del suo promotore Martino, impedisce a chi non appartenga alla città, di ricoprire cariche politiche o amministrative limitando di fatto i diritti della maggioranza : gli abitanti del contado, il fuori dalle mura, come si suol dire “ esser Lucca drento o Lucca fòri”.
Già la Sommossa degli straccioni, i poveri del settore della seta, era stata sedata con l’aiuto di Camaiore, nel 1532 ed a nulla erano valse le recriminazioni dei tanti lavoratori del settore contro i provvedimenti eccezionali che li avevano visti usurpati nel loro povero lavoro.
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Il cinquecento conobbe il delicato processo a Pietro Fatinelli , cortigiano e diplomatico dell’imperatore, “bellissimo giovane, …gratioso nell’aspetto e nel parlare piacevole” che con molta ambizione voleva prendere il comando di Lucca finendo poi giustiziato nel 1543.
E fu anche il secolo di Francesco Burlamacchi che, nell’ideale di creare una federazione Toscana di città libere, aveva organizzato le milizie del contado all’indirizzo di Firenze contravvenendo o spaventando però gli equilibri dei governanti lucchesi.
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Fatto sta, che malgrado i vari interventi successivi, lo stipite in pietra non ha mai trovato la tranquillità della propria sede. A niente sono serviti le murature, le grappe in ferro, i cunei incastrati…
Come per uno strano sortilegio la pietra è ancora lì, cinquecento anni dopo, “scollata” e sporgente come un “broncone”.
Il “broncone” a Lucca è uno spezzone, un tronco o un ramo mozzato e pericoloso da urtare o calpestare, uno spezzone fastidioso che minaccia di far male.
Un’istituzione ed un punto focale di grande interesse turistico per la leggenda che la avvolge in questo diabolico legame.
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