22 Nov Lucca com’era: Le lavandaie
Le macchine lavatrici ancora non esistevano per cui lavare lenzuola o tovaglie non era così semplice. Occorreva spazio per il bucato, spazio per battere i tessuti, spazio per stendere, forse la cosa più comunemente reperibile era la cenere che fungeva da detersivo naturale.
Pertanto vi era chi faceva ricorso ai lavatoi pubblici presenti in città, che erano perennemente utilizzati e purtroppo fatti scomparire con interventi effettuati negli anni settanta.
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L’acqua che vi scorreva, sia all’interno che immediatamente fuori della cinta muraria era quella dei fossi che attraversano la città . I più importanti lavatoi erano nel Rione di Cittadella (oggi coperti per far spazio ad alcuni posti auto), in fondo alla discesa del baluardo San Regolo di fronte alla sede delle suore Dorotee e all’esterno delle mura fuori Porta San Donato tutti smantellati. Oltre alla loro specifica funzione, avevano il pregio di consentire una grande socializzazione fra le utilizzatrici.
Spesso le lenzuola candide venivano stese sull’erba per consentire una più veloce asciugatura. Ma la necessità di lavare i panni, anche se non con i ritmi cui oggi siamo abituati, aveva dato luogo ad incrementare il mestiere della lavandaia.
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Di queste nuove operatrici il gruppo maggiormente presente e più accreditato proveniva da Santa Maria del Giudice. Esistevano due punti di raccolta per il trasporto delle lavandaie: uno in piazza San Frediano e l’altro in Via Guinigi. Per tale attività, sia per il trasporto della merce che delle stesse lavandaie, erano utilizzati alcuni calessi trainati da uno o due cavalli.
Settimanalmente veniva restituito il lavorato sul quale era cucita o ricamata la sigla della famiglia proprietaria, consegnandolo a domicilio e ritirando altri panni da lavare.
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di Carlo Rossi
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