20 Ott Parliamo di T…
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Riporto i commenti di un gruppo Facebook locale cercando di evitare d’essere scurrile o volgare ma semplicemente per tramandare il costume e la percezione lucchese di questo concetto che sovente viene discusso e “mentovato”.
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Si sente spesso parlar di “topa” ma di che si tratta in realtà?
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Cos’è questa “bestia” rara, introvabile e abbondante, bramata e svenduta, sognata e vantata, casta e volgare, che è sempre in testa ai maschietti e sulla loro lingua?
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Cos’è questo piccolo elemento capace di muovere il mondo, spostare carri carichi ( assai più efficacemente del traino dei buoi )!coinvolgere la politica , l’informazione, stravolgere il gusto, monopolizzare il web?
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E’ la “cosa” di cui “c’è pieno” ( in abbondanza) ma che gli uomini vorrebbero sempre avere ( “Avenne!!!” dicono i signori di tutte le età ) che consiste nell’organo sessuale femminile in senso lato ma anche nel “genere femminile più piacevole” ossia l’insieme delle belle donne .
“ c’era tanta T. ier sera !”
Viene nominata anche con epiteti come “passora”, “patata” e altri più volgari che non pronunceremo.
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E’ anche una pseudo-malattia “malato di T. o per la T.” , un luogo in cui andare “Si va a T.”, una squadra vincente che si tifa “ Viva la T.”
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E’ poi un “mistero” poiché legata a tante storie e leggende da bar , mezze verità , falsità e luoghi comuni: il fatto che “non si consumi”, i punti G, gli aneddoti, i molti tabù.
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Viene spesso impropriamente menzionata ( barzellette, aneddoti, pettegolezzi, falsità…) parlando di categorie ecclesiastiche ( preti, suore, frati…) poiché il popolo ( laico ) non riesce a spiegarsi come sia possibile per queste persone far vóto di castità e rinunciare quindi alla sfera affettiva e sessuale.
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Se in lingua italiana indica il cappello di pelo (tipo colbacco) utilizzato in Russia ( erroneamente scambiato con un cappello usato dai parroci ) e questo nome è stato allargato ( ops! participio da evitare ) anche a prodotti enogastronomici ( vino Merlot dalla Topa nera, dolce livornese …) , per “topa” si potrebbe intendere anche la femmina del topo…
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Sembra che il termine derivi dal nome di una piccola imbarcazione utilizzata per la pesca che poi, per la probabile somiglianza nella forma, si stato esteso ad indicare la vagina della donna.
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Si dice anche a “topa pari” per le donne che stanno comode e sedute senza far le faccende oppure “bada bella topa che sei! “ per apostrofare qualcuno che le vuole tutte vinte credendo di esser “ganzo” cioè “un tipo brillante”.
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Si dice “oh T.” anche a un’amica, tra donne, in modo affettuoso.
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La “topa” oltre a seguire la moda con vari “tagli di capelli” ( detto “pelo” ) evolvendosi così nell’immaginario collettivo e stando al passo con i tempi, ha anche assunto altri significati.
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Grazie al suo “ taglio classico” non passa però mai di moda e sta da sempre disposta verticalmente rispetto all’asse del corpo femminile.
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La “topina” era una tasca dove si contenevano gli spiccioli che, un tempo, avevano un certo valore, la T. stessa viene considerata un capitale e una cosa di gran valore.
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Da luogo a luogo il suo significato e la sua storia cambia;
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A Gallicano, per esempio, si chiama “topa” una focaccia o schiacciata.
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A Capannori questo lemma indicava “ il meccanismo dell’orologio del campanile della chiesa” ( e anche “una donna dalla bocca larga “ ) poiché fu istallato sulla “torre” cittadina un mascherone, simbolicamente il dio Cronos, che apriva e chiudeva la bocca al rintocco delle ore.
Il popolo appioppò alle labbra il nome di T. e la maschera divenne un simbolo del paese che immediatamente fu reso celebre nel mondo in quanto “città della T.”.
Il congegno fu poi smontato per motivi di immagine ed ora, campanile e cittadina ne sono rimasti sprovvisti.
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La storia del congegno è stata approfonditamente trattata nella pubblicazione “La comunità di Capannori” di Sebastiano Micheli
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