20 Lug Mi piacerébbe di fermà…
–
Mi garberebbe di ferma’…
–
–
Mi garberebbe di ferma’
La roba a quer che sa’:
Le pèsca ar nettarino
Ir sol ner ciliegino ;
La parlata a’su’ colori
Le genti drento e fòri;
I discorsi ne’su’senśi
I monti verdi e immenśi;
Ner mare li straccali
I retoni intorno a’ pali;
I pesci drento ar fiume
La luna cor su’ lume;
Le bestie per e campi
Le farfalle ch’un l’agguanti.
Fors’è solo un’utopia
Ma la vò ferma’, ch’è mia.
–
–
A Lucca il tempo sembra essersi fermato. Camminare nel centro, il drento, fa rivivere le epoche passate ed ogni edificio, ogni via, ogni chiesa e monumento raccontano una storia incredibile.
–
Lo stesso avviene nel contado, nelle sei miglia e poco più, dove i campi sembrano sfiorare le mura ignorando una periferia quasi inesistente.
–
Ma il tempo è inarrestabile e, malgrado non ne abbiamo una percezione reale e immediata, le cose stanno cambiando e perdendo un po’ del loro gusto.
–
Come la roba dell’orto o dei frutteti che non ha più lo stesso gusto di quando eravamo piccoli ( ma in fondo chi si ricorda il sapore di una ciliegia raccolta dal ramo?!? )
–
…la stessa parlata, le cui sfumature variavano a distanza di poche centinaia di metri da paesino a paesino, si sta evolvendo e viene bistrattata quasi fosse una vergogna il parlare come i propri vecchi.
–
Una perdita incolmabile delle proprie origini, della propria tradizione e della propria cultura.
–
Questo avviene dentro le mura, fuori dalle mura, dalle colline alla costa e perfino nel cielo dove la luce lunare sembra aver perso un po’ del suo antico splendore, disinnamorandosi di questo mondo che ha corteggiato dalla notte dei tempi.
–
No Comments