04 Mar i moccoli
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Tutte le bestemmie, lucchesi e non, sono cosa brutta.
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Premesso questo è sbagliato bestemmiare sia per chi è credente praticante, per chi è credente non praticante o non credente e quindi neanche praticante.
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La cattolicissima Lucca, città delle cento chiese, appartiene alla regione Toscana che, con il Veneto, si contende questo triste primato e questa pessima abitudine di intercalare il discorso con parole volgari associate ad ambiti o soggetti religiosi.
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Dal catechismo si apprende che è peccato sia il “moccolo” esplicito che quello modificato in “Io”, “Zio”, “Maremma”, “Mattina” e così via.
Altresì vietati gli animali, anche quelli più nobili e domestici, le rime, le bestemmie in caso di arrabbiatura, litigio o supporto al lavoro.
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Il bar, che spesso descrivo, è un luogo talvolta antagonista alla Chiesa pur non avendo religione o colore.
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Vi si annidano tuttavia alcuni personaggi piuttosto blasfemi, o semplicemente ignoranti, che in una frase di dieci parole sono capaci di inserire questo gergo infame.
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Faccio il tifo invece per quegli esercenti che affiggono cartelli ( talvolta impopolari) dove si indica che non è gradita la bestemmia come è giusto che sia tanto più in un luogo pubblico.
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Scrivendo io molto in vernacolo, mi trovo a esplorare vocaboli della parlata lucchese che il mio comunissimo mela-smartphone si rifiuta di digitare come vorrei.
In questi casi è il software chiamato T9, o uno superiore a me sconosciuto, ad intervenire con il suo algoritmo, modificando il lemma con uno, a suo pensare, corretto.
Lavorando io sempre in mobilità e con risorse minime anche in termini temporali, sono tantissimi gli errori che mi passano ( per i quali chiedo scusa e non mi offendo quando vengo corretto ).
La correzione però mi suggerisce delle associazioni tra le mie parole e quelle dello stesso numero di caratteri o con lettere uguali proposte di default dal dispositivo cellulare. E sono sostituzioni anche creative o “ganśe” di significato analogo, casuale o opposto.
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I telefonini sono ordigni diabolici, si rischia di fare la figura degli ubriachi ( briai ), cosiccome il sistema di messaggistica SMS o l’abusato Whatsapp sono una specie di piaga. Una piaga come il fumo che, per fortuna, è stato bandito dai locali.
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Mio nonno fumava sigarette nazionali MS ( dette “Morte Sicura” in realtà significa Monopolio di Stato ) con pacchetto di colore blu ( lui diceva “blé” ).
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Lui concordava che ogni bestemmia fosse una parola da ignoranti e chiamava anche “broscia” chi parlava a vanvera esagerando con i discorsi ( al giorno d’oggi non sarebbe sopravvissuto… ).
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Guarda caso a parlare in quel modo erano i tanti bevitori sempre alticci e “caldi” per i fumi dell’alcool ( perennemente briai da qui “X N” secondo lo slang della messaggistica )!
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La Lucca considerata dai “nemici” confinanti come piuttosto avara,come non spreca i soldi non spreca neanche le parole e con dittonghi tipici ( “eò”, “sie”, “noe”, “ehi” ) accompagnati da “ammicchi” ( gli stessi che si usano nel gioco della briscola per segnalare segretamente al compagno le carte in proprio possesso ) si fa capire un po’ alla méglio…
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Una curiosità, si dice “schiacciare” o “stiacciare moccoli” come si “schiaccia” nel gioco della briscola facendo il carico dello stesso seme della mano giocata.
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1 Briao x N ar bare “T9”
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Lulli era davero avanti
‘un era broscia come tanti…
Isprecava punto di parole
già discoreva cor tinnove!
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L’essemmesse le fumava (blé)
senśa dì de’ uośzappé
“Sie” “None” “Èó” “Oh Bì”
“Hai inteso o devo ripartì”
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L’uni’a ‘osa avea du’ viziacci
Pativa ‘r cardo anco per e diacci:
Un, Briao per enne per e bare
Vell’artro che tirava…ma legale.
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Moccoli scuriva ir cielo
S’era chiaro veniva tutto nero.
Luqquì era davero avanti
Ma chie bestemmia è d’innioranti
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